(1995 – 1997, 10 pezzi)
Esposizione permanente presso il Comune di Castel Ivano (Agnedo). Al mondo delle piante e ai riti vegetali appartiene il suo primo lavoro sulla metamorfosi delle streghe. Il catalogo si apre con una citazione dal XV libro delle Metamorfosi di Ovidio: Omnia mutantur, nihil interit, motto che ben delinea non solo il ciclo di vita della strega ma il suo intero mondo artistico. In queste dieci sculture si affollano figure ed elementi che torneranno in tutti i suoi lavori: funghi, chiocciole, rane, salamandre.
Il ciclo si apre con una figura ibrida: da un guscio ligneo si eleva un lungo stelo (un collo?) che sorregge un muso caprino, è il folletto delle streghe che ne annuncia la presenza. Segue un gruppo di funghi, uno dei quali porta appeso a un gambo un piccolo feto, mentre nella scultura successiva dal feto crescono due funghi, uno dei quali sembra nutrirlo. Il feto continua a crescere in simbiosi con il fungo.
La strega, di cui ora si riconoscono i tratti, sbuca dalla terra aiutata da due rane e, ormai totalmente formata, lotta con una salamandra tentando di strangolarla. Le due sculture successive mostrano prima la strega adulta e poi invecchiata, quando sulla sua schiena compare un guscio. Si tratta del guscio di una chiocciola che costituisce l’ultima metamorfosi che riporterà la strega alla terra sotto forma di fossile.
In questo primo periodo uno dei suoi soggetti si è l’ibridazione tra forme umane e vegetali, la rappresentazione della nascita di un essere umano da un albero. Tema questo presente non solo nella mitologia classica ma anche nel patrimonio leggendario delle Dolomiti.